Ho conosciuto la mia amata Professoressa Julia Dobrovolskaja nel 1999 e le sono stata molto vicina fino alla mia partenza per Mosca nel 2008. Ho avuto la fortuna di esserle utile in alcune occasioni: aveva bisogno di andare in una città, o di acquistare qualcosa, o di installare la TV… e mi chiamava. Che l’andassi a trovare per mio diletto o per una sua necessità, il risultato era sempre lo stesso: “Sono proprio fortunata”, mi dicevo tornando a casa. Una delle “fortune” che mi sono rimaste più impresse è stata la conoscenza con lo scrittore Marcello Venturi e con sua moglie, Camilla Salvago Raggi, amici intimi della Dobro, da cui lei trascorreva spesso parte dell’estate. La prima volta che mi chiese di accompagnarla, mi sembrò di essere capitata in un mondo magico: la bellezza mozzafiato del luogo e della casa, la bellezza ancora più sorprendente delle persone… il buonissimo vino servito a tavola! Sono tornata altre volte dai signori Venturi in occasione dei soggiorni della Dobro, e ogni volta eravamo di più: prima una mia amica, poi due, poi tre…anche una mia amica ungherese di passaggio per Milano… tutti volevano stare con la Professoressa, conoscere i suoi amici e lei era sempre felice di condividere la sua vita con i suoi studenti.
Quando la Dobrovolskaja è diventata mia insegnante, io ero tutt’altro che una studentessa modello, né lo sono diventata dopo il nostro incontro. Ma mi ha resa una studentessa e una persona migliori, questo è sicuro. E io l’ho amata profondamente, colma di un sentimento che mi accomuna a una lunga schiera di ex-studenti: la gratitudine. La gratitudine per una persona che non è stata una semplice insegnante, ma letteralmente un genitore, capace di infondere nelle persone che incontrava la certezza di essere amati. Tante volte parlando di me con amici o ex-studenti la sentivo attribuirmi meriti che non avevo e quando, rimaste sole, glielo facevo notare, lei mi dimostrava sempre, contro ogni evidenza, che io avevo torto e lei ragione, che io meritavo esattamente quell’elogio per quel gesto. Solo ora comincio a capire quanto questo affetto “infondato” abbia contribuito alla bella costruzione della mia vita e quanto esso sia una costante fonte di energia. Lei mi amava, non perché non vedesse i miei difetti (quante brutte figure le ho fatto fare con la mia bieca ignoranza!), ma perché era molto più affascinata dal bene che vedeva in me. Mi sono sempre sentita bella, intelligente e buona sotto il suo sguardo. Tutti ci sentivamo così. Per questo era la Nostra Professoressa!! E guai a chi ce la toccava!! Anche quando mi faceva notare che dovevo dimagrire (!!!) o curarmi di più del mio aspetto o disapprovava le mie scelte o criticava la mia pigrizia intellettuale, non c’era mai delusione o ombra di coercizione nelle sue sollecitazioni. Le sue critiche, come i suoi elogi, erano sempre, semplicemente un dato di fatto. Non chiedeva che si facesse qualcosa per compiacerla, come capita a volte ai genitori e agli insegnanti. Così il desiderio di compiacerla nasceva da solo, liberamente, dal fondo del cuore: in primo piano era sempre il desiderio di compiacerla e mai la vergogna. Anche quando ti bocciava. Un anno mi bocciò all’esame… penso di non aver mai studiato tanto quanto quella volta per recuperare. E lei passò due pomeriggi con me a correggere i compiti fatti durante l’estate per prepararmi!!!
Da quando vivo lontana da Milano l’ho persa di vista, l’andavo a trovare solo l’estate quando rientravo, e sono state rarissime le telefonate. Ma lei non ha mai perso di vista me, il suo sguardo è dentro di me: spesso mi sento “guardata”, specialmente al lavoro. Prima di cominciare la mia avventura di insegnante di italiano a Mosca ero andata da lei a fare un corso di aggiornamento accelerato. Purtroppo ho smarrito in un recente incidente il mio quaderno di allora. Io mi sedevo al suo tavolo e lei mi dettava i passaggi delle lezioni, da dove cominciare, come finire. Il suo chiodo fisso era: non devi essere noiosa!, e: devi essere sempre preparata! Ed è lei che mi viene in mente tutte le volte che mi viene una lezione noiosissima o mi presento a lezione senza avere la più pallida idea di… che compiti abbia dato. “Per forza gli studenti sono svogliati: loro vedono che al professore stesso non importa nulla di quello che sta facendo”. Con lei era evidente il contrario.
La Dobro è morta mentre mi preparavo a traslocare in Ucraina. Da quattro mesi mi trovo a Kharkov per aprire un nuovo corso d’italiano all’università. Tutti, dai colleghi, agli studenti, ai taxisti … almeno una volta al giorno qualcuno mi chiede: “Ma perché un’italiana vuole vivere qui?”. Quando poi dico che come insegnante di italiano il mio compito è portare sempre più italiani a Kharkov gli occhi escono quasi dalle orbite! Tanto che a volte riescono a farmi dubitare della mia sanità mentale. Io, però, lo so che non è così, che sono follemente sana, sebbene sia difficile da dimostrare a quanti non hanno avuto la mia fortuna: la fortuna di aver incontrato nella vita dei Giganti, che mi hanno preso e posto sulle loro spalle. Una persona a me cara un giorno mi ha raccontato il desiderio che l’aveva portata ad adottare sua figlia: “Ero stata così amata dai miei genitori, avevo tanto amore in corpo, che dovevo assolutamente condividerlo con qualcuno”. Questa è la preziosa eredità che mi ha lasciato la mia professoressa: l’esperienza di una sovrabbondanza da condividere, l’esperienza di un amore che supera la vita e il desiderio che i miei studenti possano ricevere almeno una briciola del Bene che ho ricevuto e continuo a ricevere dalla Mia adorata Professoressa! Che Dio la custodisca, Professoressa! Il suo compito non è finito!