Ho conosciuto Julia nel 1983, quando è arrivata all’Istituto di Russo di Venezia, accompagnata dal Prof. Strada. Con la direzione dell’illustre russista Vittorio Strada e la presenza tra i docenti di Clara Janovic, Mila Nortmann e Julia Dobrovolskaja, l’insegnamento del russo a Ca’ Foscari raggiunse un livello di alta qualità, tale da richiamare studenti da ogni parte d’Italia.
Il grande amore per la lingua e la cultura del suo Paese e per l’insegnamento non le faceva sentire stanchezza, anche dopo un viaggio spesso disagiato e ore di lezione ininterrotte. La sosteneva la risposta pronta e calda degli studenti, che sentivano e apprezzavano la sua disponibilità, la sua totale apertura e la comprensione di qualsiasi loro difficoltà o problema. Questo stesso atteggiamento aveva nei riguardi di noi colleghi, che non disponevamo di un testo a livello universitario e dovevamo lavorare con un superato testo sovietico e degli appunti. Nacque così – in gran parte in treno – il suo “Russo per italiani”. Alcuni colleghi cercarono di ostacolarla – anche presentandola come un agente del KGB! – ma la sua superiorità e la sua esperienza nel campo della didattica e della traduzione la mettevano al riparo e al di sopra di ogni attacco.
Julia grande, indimenticabile “maestra”; italianista di fama internazionale; traduttrice di tanti scrittori del nostro Novecento, che grazie a lei i russi poterono conoscere e amare… Ma se oggi io penso a lei con il cuore stretto e ne sento pungente la mancanza è perché non c’era persona capace più di lei di ascoltare e disponibile ad aiutare chiunque, a volte anche senza esserne richiesta: studente, collega, amico, conoscente, persona illustre o la più semplice. A tutti veniva spontaneo aprirsi con Julia.
Da tanti anni passava il periodo più caldo dell’estate a Tonezza del Cimone, un paesino immerso nel verde delle Prealpi venete. L’estate scorsa si era rimessa in forze e aveva tenuto una conversazione per amici, villeggianti e persone del posto (c’erano veramente tutti!), raccontando della sua vita e rispondendo con brio a tutte le domande per quasi due ore. Era elegante, bella, sorridente e pareva non sentire stanchezza.. Ma quest’anno era diversa: lottava con il mal di testa e un noioso dolore al petto la tormentava e la inquietava. Però, sia il medico del paese, sia quello mandato appositamente dalla ULSS non vi diedero peso. Il fatto che fosse vicina a compiere 99 anni giocò certo in suo sfavore: alla sua età, con la sua sensibilità, un ricovero in ospedale, per di più in pianura, poteva essere più dannoso che utile.
Il giorno che precedette la crisi ci trovammo al bar per il nostro solito caffè delle 11. Pareva la Julia di una volta, rinata e brillante. Mi raccontò di aver ricevuto l’inaspettata visita di un giovane, che aveva imparato il russo nel suo testo e si era “arrampicato” fin lassù perché voleva conoscerla ed esprimerle la sua ammirazione. Le aveva raccontato la sua incredibile vita, cominciata in un orfanatrofio siberiano, che l’aveva poi portato in tanti paesi diversi. Purtroppo non ricordo il suo nome, ma spero di trovare in questa raccolta anche il suo “ricordo”. Certamente fu questa l’ultima vera “conversazione” che Julia ebbe e le procurò tanta gioia.
Julia ascoltava, partecipava e cercava di capire non per gentilezza, ma mossa da spirito di condivisione e naturale empatia. Se poteva fare qualcosa, lo faceva con il cuore, senza risparmiarsi: lo sanno bene i suoi studenti, i suoi collaboratori, tutti coloro che l’hanno avvicinata. Saper ascoltare e condividere è qualità preziosa e rara.
Io ricordo così Julia, maestra e amica, mente superiore e cuore grande e generoso.
Claudia Piovene Cevese
Vicenza, 27-12-2016