Il primo incontro con Julia è stato in casa del console d’Argentina Jorge Casal, di cui Marcello e io fummo ospiti a Mosca nel lontano 1967. Motivo del nostro viaggio, la riscossione – da parte di Marcello – dei suoi diritti d’autore. Per vari scritti suoi tradotti, appunto, da Julia. Di quell’incontro mi resta una fotografia in bianco e nero scattata – non ricordo da chi – dove siamo tutti ovviamente più giovani, ma il caschetto biondo di Julia è rimasto immutato. E così il suo sorriso. La nostra amicizia comincia da lì: la racconta, meglio di quanto non possa farlo io, Marcello, nel suo libro Via Gor’kij 8 int.106, di cui Julia non fece in tempo a vedere la ristampa. A scrivere due righe a mo’ di introduzione, però, sì. E per parlare di lei non riesco a usare parole mie, perché se mi ci provo inciampo fatalmente in quelle di Marcello: leggera, lunghe gonne svolazzanti che quasi spazzavano terra (una stravaganza su chiunque altra, perfetta su di lei) avvolta in impalpabili scialli d’estate, o impellicciata e instivalata d’inverno, un colbacco di pelo in testa…. Questa era Julia, oggi come ieri, tutte le volte che ci vedevamo, a Campale, o a Badia d’estate, e ultimamente nella sua casa di Milani in Corso di Porta Romana. Le sue gonne svolazzanti, i suoi colbacchi. Così la ricordo, e così la ritrovo nelle pagine degli album che anno dopo anno vado accumulando e in cui lei è sempre presente. Stesso caschetto biondo, stessa vivacità. La cambiarono, alla fine, solo gli occhiali scuri cui si era arresa per proteggere gli occhi dalla luce. Ma sempre occupata in qualche cosa: leggere (con la lente) telefonare, ricevere gli amici che da ogni parte non solo d’Italia ma da tutto il mondo venivano a trovarla. Ed erano tanti, quegli amici. Di molti racconta nel suo Post Scriptum, sorta di autobiografia come lei stessa la definisce, prezioso documento che va oltre la memoria personale per travalicare nella Storia. In una triste pagina della storia, che comunque Julia ha vissuto con coraggio, uscendone vittoriosa. Vi troviamo personaggi illustri, musicisti, poeti, scrittori: da Abbado a Guttuso a Grassi, tutte le personalità di spicco che venivano a Mosca facevano capo a lei, al suo appartamento di via Gor’kij, a godersi il suo boršč e il calore id una casa zeppa di libri, di foto e di ricordi. Molti di questi li avremmo ritrovati nel suo appartamento di Milano: un guscio ovattato, anche questo zeppo di libri, di foto che raccontavano il percorso di una vita lunga, ricca di esperienze e di frequentazioni. Quante volta, prima con Marcello poi da sola, sono stata in quella casa, accolta da una tazza di tè bollente e un vassoio di biscotti di cui da buona padrona di casa insisteva perché ci servissimo: sono contenta di averla fotografata in quell’atteggiamento: oggi, che so di non poterla più vedere, riguardo le fotografie – di Julia, l’ho detto, ne ho tante, dalla prima a Mosca a dopo, in Italia, a Campale, a Badia, dove veniva per lunghi periodi: ma se Badia rappresentava per noi una vacanza, per lei non lo era, anche sul prato lavorava a uno di quei dizionari per cui è famosa: ancora oggi, se faccio il suoi nome, c’è qualcuno che salta su e dice -Dobrovolskaia? quella del Russo per Italiani?….perché ci ha studiato su, e se anche non l’ha conosciuta di persona ha intrattenuto con lei un dialogo che lo ha arricchito e stimolato a andare avanti. Quante devote ex allieve, quante amiche fra queste, e quanti anche anonimi ammiratori hanno riempito le sue giornate! Ultimamente non ci vedevamo molto, ma saperla a Milano, sentire la sua voce al telefon0 era un piacere che oggi purtroppo mi è negato. Quanto vorrei tornare in quella cameretta-salotto, rivederla al tavolo con la teiera, i biscotti e tutte le domande che mi rivolgeva e dalle quali capivo come niente della nostra amicizia fosse andato perduto. Restano, come dicevo, le fotografie: E quando il bisogno di sentirla vicina è più forte, prendo l’ultimo album e la rivedo, sento il suo sguardo dietro le lenti oscurate, e la sua piccola voce che si informa, ricucendo il filo di un dialogo mai veramente interrotto: cara Julia, vorrei dirle: rimediando in qualche modo a quello che non le ho detto perché pensavo sempre di avere tanto tempo per farlo.
Camilla Salvago Raggi